Fake news sulla mobilità elettrica


Come tutti i nuovi mercati in cui la conoscenza è ancora limitata, anche la mobilità elettrica è soggetta a fake news. Proviamo a vedere quali e come dare una risposta.


1. In Italia ci sono pochi punti di ricarica

Questo è il grande classico sulle auto elettriche, per cui inevitabile metterlo per primo.

Secondo il rapporto città MEZ (Mobilità Emissioni Zero) di Legambiente, a gennaio 2020 risultavano presenti in Italia 13.720 punti di ricarica, saliti poi a 14.302 a giugno 2020.

Il numero di veicoli BEV o PHEV circolanti a giugno 2020 era di 54.842.

Se si considerano progetti come quello di ENELX, che prevede di realizzare 736.000 stazioni di ricarica nel biennio 2020-2022, a cui si aggiungono le colonnine pubbliche che verranno installate dagli altri grandi player e i punti di ricarica posizionati presso case private, hotel, supermercati e uffici, il problema è sicuramente superato.

È chiaro che, per evitare completamente rischi specie nel caso di lunghi viaggi, un minimo di programmazione è comunque suggerita, considerando che app e siti specializzati permettono di identificare in maniera molto rapida le stazioni presenti nelle varie zone.



Auto elettrica in carica
Auto elettrica in carica presso una colonnina pubblica

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2. I veicoli elettrici hanno poca autonomia

La capacità delle batterie è in continuo aumento e tutti i mezzi elettrici in vendita oggi hanno di fatto superato il limite di autonomia che si aveva in passato.

Facciamo alcuni esempi di veicoli che conosciamo bene:

  • Monopattino elettrico z8, batteria 48 V 16 Ah, autonomia 50 km
  • Monopattino elettrico TheUrban berlin v2, batteria 36 V 7.3 Ah, autonomia 20 km
  • Bici Askoll eb1, batteria 36 V 9 Ah, autonomia 80 km
  • Scooter eccity 125, batteria 74 V 72.6 Ah, autonomia 115 km
  • FIAT 500e, batteria 42 kWh, autonomia 350 km
  • Volkswagen e-up, batteria 36.8 kWh, autonomia 257 km
  • Tesla model 3 long range, batteria 75 kWh, autonomia 560 km

Potremmo continuare, ma è evidente che ogni veicolo ha un’autonomia perfettamente in linea con l’utilizzo per cui presumibilmente viene acquistato ed i km che, di conseguenza, dovrà percorrere. Inutile dire che i modelli a 2 ruote hanno anche la possibilità di ricarica molto più semplice e rapida, mentre per le auto vale il discorso sulle colonnine fatto al punto precedente.


Auto elettrica Nissan Leaf
Auto elettrica Nissan Leaf [Fonte: Nissan]

3. La tecnologia è nuova, per cui non affidabile

L’auto elettrica ha una storia decisamente particolare ed interessante, visto che non tutti sanno che i primi modelli sono stati ideati già nella prima metà del 1800!

A fine ‘800 furono poi affiancate dalle auto con motori a combustione, ma ad inizio 1900 la percentuale di auto elettriche rimaneva ancora elevata, e in America rappresentava il 34% del parco circolante.

Dal 1910 in poi la spinta data dal petrolio ha portato poi ad una sempre più elevata diffusione dei motori a combustione, cosa che si è protratta fino ai giorni nostri.

Il vero ritorno alla ribalta dell’elettrico si è avuto poi nel 1997 quando Toyota ha messo sul mercato la Prius, prima ibrida della casa Giapponese che ha rilanciato prepotentemente la tecnologia elettrica applicata al settore automotive.

Da quel momento, complice anche la crescente attenzione per l’ambiente e la mobilità sostenibile, è stato un crescendo, con quasi tutte le case automobilistiche che lavorano nelle retrovie da circa 15 anni su questa tecnologia, nel frattempo ampliata anche a mezzi di trasporto diversi come scooter, monopattini e biciclette.

E ormai tutte le case automobilistiche hanno a catalogo modelli puri elettrici o ibridi, ed il numero è destinato solo ad aumentare nei prossimi anni.


auto elettrica

4. I modelli elettrici sono pochi, la scelta è limitata

In perfetta continuità con quanto sopra, è evidente che già oggi la gamma di modelli elettrici è molto ampia, ed il numero continuerà ad aumentare.

Il ‘problema’ è che tolto modelli che non hanno motorizzazioni a combustione, come la gamma della Tesla, per le marche tradizionali solo un occhio (ed un orecchio) attenti riescono a distinguere la differenza tra i modelli a combustione e quelli elettrici.

Come distinguerli?

  • I veicoli puri elettrici non hanno il tubo di scappamento (presente invece nei modelli ibridi)
  • I veicoli puri elettrici spesso hanno il frontale diverso (l’esigenza di raffreddamento è più limitata, per cui non c’è il radiatore e di conseguenza le griglie frontali sono spesso sostituite da varianti che contraddistinguono il modello elettrico)
  • I veicoli elettrici non inquinano e sono silenziosi: in tutte le fasi di guida (per i veicoli puri elettrici) o nei circuiti cittadini e nelle fasi di parcheggio (anche per i veicoli ibridi) l’emissione sonora è molto limitata, tanto che ormai nei nuovi modelli è d’obbligo un suono che permetta di riconoscerli, specie in città

Auto elettriche in carica presso una colonnina pubblica

5. Le auto elettriche costano e consumano più dei diesel

Ci sono vari studi che evidenziano come l’elettrico sia più efficiente ed economico rispetto ai veicoli tradizionali, considerando l’intero ciclo di vita del veicolo (LCA – Lyfe Cycle Assessment).

Riprendendo un articolo recente di QualEnergia sull’argomento, già oggi nei cicli di guida urbani il risparmio complessivo di CO2 di un’auto elettrica in ottica LCA varia tra il 40-55% rispetto alle analoghe versioni a benzina e tra il 22-40% rispetto alle versioni diesel.

Questo considerando energia elettrica prodotta dal mix medio europeo di fonti fossili (tra cui carbone) e rinnovabili.

Nei prossimi anni si vedrà sempre di più un abbinamento tra veicoli elettrici e produzione da impianti eolici o fotovoltaici, e la strada intrapresa dall’Italia che, all’interno del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), vedrà il solare grande protagonista nella transizione energetica da qui al 2030, non farà altro che confermare questa tendenza.

Pannelli solari per energia pulita
Pannelli solari per energia pulita

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Autore

Ashvin Suri

Ashvin ha lavorato in ambito energie rinnovabili, efficienza energetica e nel settore delle infrastrutture dal 2006. Si è appassionato per tutto quello che riguarda la transizione ad un’economia basata su basse emissioni di CO2 e mobilità elettrica. Ashvin ha iniziato la sua carriera lavorativa nel 1994 lavorando a New York in banche d’investimenti. Dopo il master presso la London Business School (1996-1998) ha continuato a lavorare nello stesso settore a Londra presso Flemings e, a seguire, JPMorgan. I suoi ruoli hanno sempre avuto parte nella consulenza finanziaria, fusioni e acquisizioni e raccolta di capitali per investimento. Ha lavorato in diversi mercati, tra cui ingegneria, aerospaziale, petrolifero, aereoportuale e automotive sia in Asia che in Europa. Nel 2010 è stato co-fondatore di una piattaforma per lo sviluppo di grossi impianti solari per investimento, sia a terra che a tetto, in UK, Italia, Germania e Francia. Ha fatto anche da consulente in diversi progetti nel campo delle energie rinnovabili (eolici e solari) per investitori istituzionali e produttori di energia indipendenti. È stato anche consulente in mercati internazionali, come l’India, compreso il TVS Group, gruppo Indiano leader nel mercato automotive. Ashvin è stato anche consulente per il gruppo Indian Energy facente parte del fondo Guggenheim (capitale da 165 miliardi di US$). È stato anche consulente per il gruppo AMIH (capitale 2 miliardi di US$, con sede a Singapore). Ashvin ha anche lavorato nel mercato immobiliare e in quello delle infrastrutture, compreso il Matrix Group (capitale 4 miliardi di US$) che ha lanciato il primo fondo istituzionale Indiano nel settore immobiliare, per il quale ha contribuito con un forte supporto istituzionale dai mercati UK e Europeo. È stato anche consulente nel settore delle infrastrutture per l’acqua potabile, incluso un Gruppo Svedese leader nel settore. Fa anche parte del comitato consultivo del Forbury Investment Network e nella startup di diverse società di capitale

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